Memoria artistica

history of research

Memoria artistica2019-08-07T11:45:24+01:00

La ricerca ha radice nei primi anni del 1990 in percorsi esistenziali e artistici che si sviluppano all’interno di linguaggi formali che indagano la realtà e ne esplorano le molteplici capacità espressive e le possibili soluzioni associative con materiali e cose. Lo scopo è riportare l’attenzione sull’azione tangibile dell’ arte e sul ruolo fondamentale dell’ artista capace di plasmare la materia senza intermediazioni; un’operazione che scommette tutto sulle capacità creative per produrre qualità effettiva attraverso il rapporto reciproco fra soggetto e oggetto – “ La Qualità è il punto in cui soggetto e oggetto s’incontrano, è l’evento che vede il soggetto prendere coscienza dell’oggetto “ – rapporto che ha avuto difficoltà sempre maggiori nella pittura e scultura come strumenti d’espressione tangibile penalizzati dalla contaminazione dei linguaggi virtuali della contemporaneità che hanno prodotto una smaterializzazione dell’arte che fa da padrona nei circuiti espositivi e di mercato. Un percorso di ricerca sui materiali e la loro comunicazione, sui processi di sviluppo dell’immagine in relazione ai contenuti e alle materie che ne condizionano gli aspetti superficiali e profondi destabilizzando il corpus dell’opera fino al limite della sua identificazione oggettuale; composizioni che nascono dall’ incontro di cose ed oggetti spesso desueti ma saturi di memorie che si plasmano nell’oggi per diventare qualcosa d’altro. Si potrebbe definire come un’azione che parte dalla pelle dell’immagine per poi penetrare all’interno dei suoi organi vitali fino a modificarne la natura estetica e funzionale, dando vita ad un qualcosa di inclassificabile e anomalo che, provocando una criticità nella visione, potenzia la vitalità dell’opera instaurando un nuovo rapporto di comunicazione.

Se da una parte l’immagine è stata esplorata fino al limite della sue qualità estetiche e comunicative, dall’altra ha rigenerato se stessa con sorprendenti mutazioni.
Propriamente in tali stadi di mutazione e di sospensione temporale si inserisce la ricerca artistica producendo informazioni visive e plastiche che assumono identità sempre nuove in un processo di suggestioni potenzialmente infinito : vecchio / nuovo , pre / post non hanno più senso e divengono convenzioni di linguaggio inapplicabili per la valutazione di un’ entità estremamente instabile ed inquantificabile come l’immagine, riflesso di una realtà viva in continua trasformazione che ancora oggi rimane un mistero insondabile. Shimshon, piccolo sole, composta da una scultura, ossa e vari elementi in un vecchio baule, è un’opera dove gli oggetti che la compongono sono “ pezzi di tempo “ usati come catene di significati per un’unico fine; il racconto di una tragedia esistenziale che, partendo da un racconto biblico (la leggenda di Sansone e la mascella d’ asino), si propaga fino al nostro tempo offrendo la possibilità di un viaggio rimanendo perfettamente fermi dove ci troviamo.

Nel dipinto The clone, è predominante il disegno con effetti positivo – negativo e l’uso di codici alfanumerici in plastica come a suggerire un’ambiguità che viola il suo impianto estremamente classico. In fase di realizzazione il dipinto è stato sottoposto a verifiche fotografiche positivo/ negativo rivelando curiosi aspetti di clonazione virtuale; tali aspetti hanno permesso all’idea di individuare la propria forma e, scavandola dal suo interno invisibile, di stratificarsi all’esterno per consolidarne la propria definitiva Entità. Il dipinto è sovrastato da un caschetto da pugile e da un timone (smontato da un vecchio barchino di renaioli dell’ Arno) con tubi neon fluorescenti recanti la scritta luminosa egg; questa è stata recuperata da un’insegna commerciale dismessa. La casualità si è trasformata in volontà d’identificazione non solo testuale ( egg come uovo / cellula – uovo) ma anche visiva e simbolica (clonazione cellulare/ alterazione). La somma di ogni circostanza ha legato l’opera, cosi composta, ad una famosa citazione cinematografica che è da considerarsi un puro incremento significante.

“ Ho tutte le caratteristiche di un essere umano : carne, sangue, pelle e capelli ma non un solo, chiaro e identificabile sentimento a parte l’avidità e il disgusto.”
( dal film : American Psyco )

In un vecchio braciere ho creato Lex. Rimasi colpito dal suo vuoto: non era un vuoto qualunque era un vuoto inclassificabile ; guardavi dentro e trovavi il fuori come se il vuoto non fosse vuoto e la massiccia cornice di quercia un confine del nulla. Un tempo quel vuoto era sempre pieno, anche quando la brace si trasformava in carbone, poi il tempo lo ha svuotato di ogni valore rendendolo “nulla“ e il nulla è inaccettabile . Pensai che forse avesse bisogno della materia nera di un tempo per riacquisire l’onore perduto e così pensai di disegnare un corpo con lo stilo di carbone. Mi ricordava un retaggio fiabesco dell’ infanzia dove un povero falegname fece di un pezzo di legno un fanciullo sgambettante: chissà se quel vecchio braciere scaldò anche qualche pasto per Collodi quando soggiornò a palazzo Ginori in via de’ Rondinelli, oppure bruciò i piedi al famoso burattino di legno. La storia dell’onore e del carbone mi ricordava la storia d’Italia violentata per anni da invasori stranieri, la povertà e poi la libertà tanto desiderata che culminò con la Costituzione e il tricolore. Stabilendo una sorta d’imprinting con l’ oggetto realizzai una bandiera – braciere piuttosto insolita. Una serie di processi associativi fra concetti, materiali e citazioni letterarie mi permisero di visualizzare il soggetto; busto femminile con–testualizzato a caratteri lapidari. Il supporto è stato calcinato e abraso per gradi per ottenere un effetto di sbiancatura di gusto retrò dove il chiaroscuro è stato stratificato in vari passaggi, sfumato a fasi con pennellesse di setola e bagnato con acqua vaporizzata; ad asciugatura completata risultava disgregato ma più intenso e ancorato alla vena del legno in modo più solido. Alcune zone in luce sono state rilevate di bianco, in stile vagamente classico, quasi ad ottenere un effetto di sudore epidermico.

“La legge, in Italia, è come l’onore delle puttane.“
( C. Malaparte )

L’obiettivo della mia ricerca non è la rincorsa del nuovo a tutti costi, che il più delle volte produce solo virtuosismi del già fatto, ma il recupero dei valori professionali e spirituali dell’ arte che si rivelano attraverso la creazione diretta senza passaggi di mano nè presupposti seriali offrendo un punto di vista diverso, certamente autentico e unico.
Fonti d’ispirazione si possono riscontrare in alcuni artisti o tendenze del secondo novecento, ognuna come isolato riferimento solo per alcune caratteristiche specifiche “La visione non è una registrazione meccanica di elementi, ma l’afferare strutture significanti. Il materiale dell’esperienza non è un agglomerato amorfo di stimolazioni […] l’elemento oggettivo in ogni esperienza giustifica invece i tentativi di distinguere tra concezione adeguata e inadeguata della realtà; oltre a ciò si può attendere che ogni concezione adeguata comporti un comune nucleo di verità, il che potrebbe rendere l’arte di tutti i tempi e di tutti i luoghi significativa per tutti gli uomini.”
Evidente l’importanza di criteri oggettivi, che implicano esperienze formative e conoscenze tecniche, alla base di conseguenti e imprescindibili interpretazioni soggettive che insieme costituiscono quello che Gillo Dorfles definisce “ la base significante di ogni autentica opera d’arte “. Tutto ciò, specularmente, ne evidenzia il contrasto con una proliferazione selvaggia e scriteriata dei linguaggi contemporanei che domina la scena dell’ attuale panorama mondiale, creando incomprensioni comunicative e alterazione dei valori intrinseci all’ arte.

Ho vissuto la mia vita fra arte e sport da combattimento, trasgressione e disciplina, creatività e rispetto ferreo delle regole necessarie ad una sopravvivenza in dimensioni della vita che comportano spesso sconfitte e aspettative disattese, tanto che qualcuno mi ha soprannominato scherzosamente “artista marziale”.
Componenti fondamentali del mio lavoro d’artista sono stati il disegno e il legame con la mia terra, la sua luce limpida che provoca forti chiaroscuri, le partiture architettoniche dei palazzi fiorentini definiti da verticali e orizzontali perfettamente armoniche, il ritmo ondulato delle colline e tutto ciò che ha permesso lo sviluppo del Rinascimento; insomma tutto quello che mi circondava dalla nascita è stato nutrimento per i miei occhi, la mente e l’anima e l’ho custodito come un patrimonio preziosissimo fondendolo con l’esperienza personale e le mie competenze tecniche in campo artistico con il risultato di uno stile ibrido che ha investito molto nel valore di alcuni materiali, nelle vibrazioni emotive che suscitano associati all’ immagine.
E’ stato un racconto per immagini sulla storia dell’uomo; ogni singola opera è stata creata appositamente per evocare un concetto, una storia, un’entità precisa che conserva e amplifica il suo potere evocativo nella materia stessa che la costituisce o la costituiva, perciò la loro creazione è stata concepita in una maniera fuori dal comune e ogni materiale scelto è stato sottoposto a processi di trasformazione – fondamenti di base del pensiero umanistico – che lo hanno reso unico nel suo potenziale evocativo per poi stratificarsi, oggi, in uno stile dalle potenzialità illimitate in continua evoluzione.

ANIME SELVAGGE

ANIME SELVAGGE, mix media su cartone industriale con riporti in metallo e plastica, ognuno cm. 35×100, 2012.

ANIME SELVAGGE

IL RAPPORTO CON FIRENZE

Fra storia
e contemporaneità

Firenze è stata una presenza costante nel corso della mia esistenza, potrei dire “una madre” dalla quale non sono mai riuscito a staccarmi, il suo potere evocativo e la sua forza hanno condizionato la mia vita di uomo e artista. Charles de Tolnay sulla vita di Michelangelo scrive : “L’incomparabile posizione topografica di Firenze è caratterizzata dal fatto che la città sembra essere al centro di diverse cerchie di colline e di montagne che la circondano quasi abbracciandola. Questa posizione doveva senza dubbio essere per l’artista di contributo allo sviluppo del senso di simmetria e di ordine nascosto nelle complesse strutture della natura. La geometria cubica , inerente alle forme di quel paesaggio dall’aspetto di un giardino naturale, con le sue colline a scalinate e terrazze e i suoi filari di viti, di olivi, di cipressi, di pini, favorì, certo, nel Buonarroti, lo sviluppo del senso delle forme pure e regolari. L’atmosfera limpida, la chiarezza dei contorni delle cose, il contrasto netto, quasi geometrico, di luce e di ombra su di loro,dovette essere un elemento determinante nello sviluppo del senso plastico del maestro.”

Definisco Firenze un “ bisogno genetico”, la radice primaria che alimenta il mio albero umano di linfa vitale per attuare quei processi necessari di trasformazione della materia che l’ arte esige, da sempre, per stabilire quel misterioso rapporto di comunicazione millenaria con l’ uomo. Ho trovato, nella pelle della mia città, la forza primordiale della materia. Ho sentito, nel cuore della mia città, il ruggito potente dei suoi leoni e il filo tagliente delle sue lame. Così è stato pure per il sangue intrepido dei suoi eroi che ha tinto di rosso il giglio e la croce negli scudi, così come per l’ oro lucente, non del fiorino ma dell’ anima del Rinascimento che ha inondato il mondo intero di conoscenza preziosissima. Per tutto questo, e molto altro, ho deciso di non rinnegare mai “ mia madre “ per culture diverse pur nella consapevolezza che l’ inclusione delle diversità è indispensabile per il rinnovo della linfa e garanzia di sopravvivenza per l’ albero. Firenze mi ha forgiato, come tutte le sue spade, permettendomi, oggi, di affrontare sempre nuove ed entusiasmanti sfide, non per vincerle ma per comprenderne il rischio ed i miei limiti.

Tiziano Bonanni